domenica 4 gennaio 2009

Capitolo IV: Il complotto

Danglars seguì con lo sguardo Edmond e Mercedes finché non scomparvero dietro a uno degli angoli del forte Saint-Nicolas; poi, voltandosi, scorse Fernand che era ricaduto sulla panca pallido e fremente, mentre Caderousse balbettava le parole di una canzone da osteria.
«Ecco – disse Danglars a Fernand – questo è un matrimonio che non sembra rendere tutti felici!»
«Ed è la mia disperazione» disse Fernand.
«Dunque ami Mercedes?»
«Da quando ci siamo conosciuti, l’ho sempre amata.»
«E te ne stai là a strapparti i capelli invece di cercare una soluzione! Diavolo! non credevo che la gente della vostra razza si comportasse in questo modo.»
«Cosa vuoi che faccia?» domandò Fernand.
«E che ne so io? C’entro qualcosa? Non sono io, mi sembra, l’innamorato di Mercedes, ma tu. Cercate, dice il Vangelo, e troverete.»
«Avevo già trovato.»
«Che cosa?»
«Volevo pugnalarlo l’hombre, ma lei mi ha detto che se fosse successo qualcosa al suo fidanzato si sarebbe uccisa.»
«Mah, queste sono cose si dicono sempre e poi non si fanno.»
«Non conosci Mercedes: ciò che minaccia, esegue.»
«Imbecille! – mormorò Danglars – che si uccida o no, a me poco importa, purché Dantès non diventi capitano»
«E prima che Mercedes morisse – riprese Fernand con l’accento di una decisione irremovibile – morirei io»
«Questo sì chiama amore! – disse Caderousse con una voce mossa dal vino – se non lo è questo, allora non so più cosa sia!»
«Su – disse Danglars – mi sembri un giovane per bene, e vorrei proprio aiutarti, ma…»
«Sì – disse Caderousse – troviamo il modo.»
«Mio caro – riprese Danglars, – sei quasi completamente ubriaco; finisci la bottiglia e lo sarai del tutto. Bevi e non immischiarti in ciò che facciamo: bisogna essere a mente lucida»
«Io ubriaco? – disse Caderousse – ma via! Potrei berne altre quattro di queste bottiglie! Non sono più grandi di una boccetta di acqua di Colonia. Papà Pamphile, del vino!» E per dare effetto alle sue parole, Caderousse batté il bicchiere sul tavolo.
«Dicevi, dunque?» riprese Fernand aspettando con ansia il seguito della frase interrotta.
«Cosa dicevo? Non mi ricordo. Quest’ubriacone di Caderousse mi ha fatto perdere il filo del discorso.»
«E sono ubriaco quanto vuoi... peggio per quelli che hanno paura del vino! Avranno cattivi pensieri e temono che il vino li faccia parlare - e Caderousse si mise a cantare gli ultimi due versi di una canzone molto in voga a quei tempi - Tutti i malvagi bevono acqua, Lo dimostra il diluvio universale.»
«Dicevi – disse Fernand – che vorresti aiutarmi, ma, hai aggiunto…» «Sì, stavo per dire che per darti una mano basta che Dantès non sposi la donna che ami; e il matrimonio potrebbe saltare senza che Dantès debba morire.»
«La morte sola può separarli.» disse Fernand.
«Ragioni come uno stupido, amico mio – disse Caderousse – adesso Danglars, che è un furbo, un maligno, un greco, ti dimostrerà perché hai torto. Dimostraglielo, Danglars, ho garantito io per te. Digli che non c’è bisogno che Dantès muoia… del resto mi dispiacerebbe se morisse, Dantès. È un bravo ragazzo, io voglio bene a Dantès. Alla tua salute, Dantès!» Fernand si alzò con impazienza.
«Lascialo parlare – riprese Danglars trattenendo il catalano – anche se è ubriaco, non dice baggianate. La distanza separa quanto farebbe la morte… supponete ad esempio che tra Edmond e Mercedes ci siano i muri di una prigione: sarebbero separati né più né meno che se ci fosse una lapide.»
«Sì, ma di prigione si esce – disse Caderousse con quel poco di lucidità che gli restava, mentre cercava di intervenire nella conversazione  – e quando si esce di prigione e si porta il nome di Edmond Dantès, ci si vendica.»
«Che importa!» mormorò Fernand.
«E poi – riprese Caderousse – perché dovrebbero mettere in prigione Dantès? Non ha rubato, non ha ucciso, non ha assassinato.»
«Taci una buona volta!» disse Danglars.
«No, non voglio tacere; voglio che mi si dica perché mai dovrebbero mettere in prigione Dantès. Io voglio bene a Dantès. Alla tua salute, Dantès!» E mandò giù un altro bicchiere di vino.
Danglars seguì negli occhi ormai inespressivi del sarto il progredire della sua ubriachezza. Poi, rivolgendosi a Fernand: «Capisci – disse – che non c’è bisogno di ucciderlo?»
«Certo, non c’è bisogno se, come dicevi, ci fosse il modo di farlo arrestare.»
«Cercando bene – disse Danglars – si potrebbe trovarlo. Ma perché diavolo m’immischio? Forse la cosa mi riguarda?»
«Non so se la cosa ti riguarda – disse Fernand afferrandogli un braccio – ma so che hai qualche motivo particolare di odio contro Dantès; chi già odia non s’inganna sul sentire altrui.»
«Io? …dei motivi per odiare Dantès? Nessuno, la mia parola! Io ho visto un amico infelice e la sua infelicità mi ha commosso, ecco perché mi sono interessato. Ma poiché credi che io agisca per il mio interesse, addio, amico. Cavatela da solo.»
E Danglars fece a sua volta il gesto di alzarsi.
«No – disse Fernand trattenendolo – stai qui! M’importa poco, in fin dei conti, se odi o no Dantès: io lo odio, e non lo nascondo. Trova il modo, io eseguirò! Purché che non provochi la morte dell’uomo, o Mercedes si ucciderebbe se Dantès fosse ucciso.»
Caderousse, che aveva lasciato cadere la testa sul tavolo, rialzò la fronte e, guardando Fernand e Danglars con occhi pesanti e spenti, disse: «Uccidere Dantès… chi parla di uccidere Dantès? Io non voglio che sia ucciso, io! È mio amico… si è offerto di dividere con me il suo denaro, come io ho diviso il mio con lui… Non voglio che si uccida Dantès!»
«E chi parla di ucciderlo, imbecille! – riprese Danglars – Si sta scherzando, qui. Bevi alla sua salute – e aggiunse riempiendo il bicchiere di Caderousse – e lasciaci tranquilli.»
«Sì, sì, alla salute di Dantès! – disse Caderousse, vuotando il bicchiere – alla sua salute... alla sua salute... alla sua…»
«Ma il modo? …il modo?» disse Fernand.
«Non lo hai ancora trovato?»
«No, non hai detto che lo avresti trovato tu?»
«È vero – riprese Danglars – i francesi hanno questa superiorità sugli spagnoli: gli spagnoli ruminano, e i francesi inventano»
«Inventa, allora, inventa!» disse Fernand con impazienza.
«Cameriere! – disse Danglars – carta, penna e calamaio!»
«Carta, penna e calamaio?» mormorò Fernand.
«Sì, io sono un contabile: la penna, l’inchiostro e la carta sono i miei strumenti, senza cui non saprei fare nulla»
«È tutto su quel tavolo» disse il cameriere indicando gli oggetti richiesti.
«E allora dateceli». Il cameriere prese la carta, la penna e l’inchiostro e li posò sul tavolo sotto il pergolato. «Quando si pensa – disse Caderousse lasciando cadere la mano sulla carta, – che con questa si può ammazzare un uomo con più certezza che ad attenderlo in un bosco per assassinarlo… Ho sempre avuto più paura di una penna, di una bottiglia d’inchiostro e di un foglio di carta che non di una spada o di una pistola»
«Il buffone non è ancora ubriaco come sembra – disse Danglars – versategli ancora da bere, Fernand»
Fernand riempì il bicchiere di Caderousse che, da bravo bevitore, levò la mano dalla carta e la spostò sul bicchiere. Il catalano seguì i suoi movimenti finché Caderousse, quasi sopraffatto da un nuovo attacco di ubriachezza, lasciò cadere, il bicchiere sul tavolo.
«Ebbene…» riprese il catalano vedendo che il resto della lucidità di Caderousse cominciava a scomparire dietro all’ultimo bicchiere di vino.
«Ebbene dicevo, per esempio – riprese Danglars – che se, dopo un viaggio come quello che ha fatto Dantès e in cui è sbarcato a Napoli e all’isola d’Elba, qualcuno lo denunciasse…»
«Lo denuncerò io!» esclamò deciso il giovane.
«Sì, ma in questo caso vi farebbero firmare la dichiarazione, e vi metterebbero di fronte a chi avreste denunciato. Io vi darò gli elementi con cui sostenere la vostra accusa, ne sono certo. Ma Dantès non può restare eternamente in prigione; un giorno o l’altro uscirà, e allora quel giorno sarà terribile per chi ce lo ha fatto entrare!»
«Oh, desidero proprio – disse Fernand – che venga a sfidarmi a duello!»
«Sì, e Mercedes? Mercedes comincerebbe subito ad odiarti se soltanto tu osassi scalfire la pelle del suo amatissimo Edmond!»
«Hai ragione» disse Fernand.
«No, no – riprese Danglars, – se decidiamo una cosa del genere, è evidente, è meglio prendere con tranquillità questa penna, come sto facendo io, bagnarla d’inchiostro e scrivere con la mano sinistra, perché la grafia non sia riconosciuta, la piccola seguente denuncia…» E Danglars, facendo seguire l’esempio all’insegnamento, scrisse con la sinistra e con una scrittura contraffatta che non somigliava affatto alla sua le seguenti parole, che passò a Fernand e che questi lesse a bassa voce:

“Il signor procuratore del Re è avvisato, da un amico del trono e della religione, che tale Edmond Dantès, secondo del bastimento Pharaon, giunto questa mattina da Smirne dopo aver toccato Napoli e Portoferraio, è stato incaricato da Murat di consegnare una lettera per l’usurpatore, e dall’usurpatore di consegnarne un’altra al comitato bonapartista di Parigi. Si avrà la prova del suo delitto arrestandolo poiché si troverà tale lettera nelle sue tasche, in casa di suo padre o nella sua cabina a bordo del Pharaon.”

«Finalmente – continuò Danglars – in questo modo la tua vendetta sarà attribuita alle circostanze, in nessun modo potrebbe ricadere su di voi, e la faccenda andrebbe avanti da sola. Non ti resterebbe che piegare la lettera, come sto facendo io, scriverci sopra “Al signor procuratore del re” e tutto sarebbe finito»
E Danglars lo fece, come per scherzo.
«Sì, sarebbe tutto finito – esclamò Caderousse, che con un ultimo sforzo di lucidità aveva seguito la lettera e capiva istintivamente tutto il male che avrebbe potuto causare una simile denuncia. – sì, tutto sarebbe finito, ma sarebbe un’infamia» E allungò il braccio per prendere la lettera.
«Ma via – disse Danglars allontanando la lettera – quello che ho detto e fatto è soltanto uno scherzo; e sarei il primo a dispiacersi se dovesse capitare qualche sciagura a Dantès, al buon Dantès! Guardate…» Prese la lettera, la stropicciò un po’ con le mani e la gettò in un angolo del pergolato.
«Che sollievo – disse Caderousse – Dantès è mio amico, e non voglio che gli si faccia del male»
«E chi diavolo dovrebbe fargli del male? Certo non io né Fernand» disse Danglars alzandosi e squadrando da capo a piedi il catalano rimasto seduto, che non staccava gli occhi dal foglio di denuncia nell’angolo.
«In questo caso – riprese Caderousse – ci portino del vino, voglio bere alla salute di Edmond e della bella Mercedes»
«Hai già bevuto troppo, ubriacone – disse Danglars – e se continui sarai costretto a dormire qui perché non riuscirai a reggerti in piedi»
«Io? – disse Caderousse alzandosi con l’assenza di un ubriaco – io non riuscirò a reggermi in piedi? Scommettiamo che salgo sul campanile degli Accoules senza bilanciere?»
«E va bene – disse Danglars – scommetto, ma per domani; ora è tempo di tornare a casa. Dammi il braccio e andiamo»
«Andiamo – disse Caderousse – ma non ho bisogno del tuo braccio. Tu vieni, Fernand? Rientri con noi a Marsiglia?»
«No – rispose Fernand – torno ai Catalani»
«Fai male, vieni con noi a Marsiglia, dai!»
«Non ho niente da fare a Marsiglia, e non ci voglio andare»
«Come hai detto? Non vieni? Fai come vuoi. Vieni, Danglars, lasciamo rientrare il giovanotto al suo villaggio, visto che è ciò che vuole»
Danglars approfittò di quel momento di buona volontà di Caderousse per trascinarlo alla volta di Marsiglia; e, soltanto per lasciare a Fernand la via più facile, invece di prendere la rue Rives-Neuves prese la direzione della porta Saint-Victor. Caderousse lo seguiva barcollando, attaccato al suo braccio. Dopo una ventina di passi, Danglars si voltò e vide Fernand prendere il foglio di carta e metterselo in tasca, uscire dal pergolato e andare verso il Pillon.
«Ma che fa? – disse Caderousse –Ha mentito: ha detto che andava ai Catalani e invece va verso la città. Ehi! Fernand! Stai sbagliando strada, ragazzo mio!»
«Sei tu che stai sbagliando – disse Danglars – sta andando dritto per la strada delle Vieilles-Infermeries». «Davvero? – disse Caderousse – avrei giurato che svoltasse a destra. Decisamente il vino è un traditore»

«Andiamo, andiamo – mormorò Danglars – mi sembra che l’affare sia ben avviato e non resti altro che lasciarlo andare avanti da solo».

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